Come funziona il rapporto tra produzione di Massa Monetaria e tassi?

La Bce agisce prevalentemente sui rendimenti brevi. Che cosa è accaduto nelle fasi di aumento di produzione di Massa Monetaria ?

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massa monetaria

La prima regola dell’inflazione monetaria è la seguente:

Se M1 aumenta, i tassi d’interesse scendono.

La ragione è molto semplice: se aumenta l’offerta di denaro, esso costa meno.

In blu vediamo la variazione annuale di produzione di M1 della Bce (dato mensile):

monetaria 1

Però attenzione: la Bce agisce prevalentemente sui rendimenti brevi e lo vediamo nella figura sopra. Nelle fasi di aumento di produzione di M1 (2015-2017-2019) la linea verde diminuiva, fino ad arrivare ai minimi storici del 2019. Di norma invece i tassi più lunghi (come il decennale in figura) hanno un rendimento più alto dei tassi brevi. Questo perché include un’attesa di inflazione prevista per il futuro, come conseguenza della liquidità immessa oggi nell’economia.

Il risultato di questo equilibrio tra tassi brevi che scendono e tassi lunghi che salgono è la curva. Cioè il differenziale tra rendimenti decennali e quelli ad un anno: quando la curva sale significa che la “cura” applicata dalla banca centrale all’economia sta funzionando. Il denaro costa meno e gli investitori si aspettano una crescita economica (e quindi utili più alti delle aziende); sono quindi invogliati a esporsi al rischio azionario.

Un esempio di ciò è accaduto nel novembre del 2016-2017:
  • Massa Monetaria M1 saliva
  • i tassi brevi scendevano
  • i tassi lunghi salivano
  • la curva saliva per l’attesa di crescita economica.
  • il Mib saliva (in ragione della propensione al rischio azionario degli investitori).

Purtroppo però anni di inflazione monetaria, ci hanno portato ad una condizione in cui sulla “cura” prevalgono gli effetti collaterali, che minano profondamente queste relazioni fondanti della macroeconomia. Si è creata infatti una bolla finanziaria sul mercato obbligazionario che ha spinto al ribasso i rendimenti lunghi e, nonostante la pressione della Bce sui rendimenti brevi, oggi la curva è ancora negativa.

monetaria 2Quindi, se il QE della Bce ha avuto il primo obiettivo di sedare una bolla speculativa precedente, e cioè quella che si era abbattuta sui titoli di Stato di Pigs, tra i quali il Btp italiano, questo massivo acquisto di titoli ha attirato ingenti flussi di investimento verso il comparto obbligazionario che, come scritto sopra, ha spinto pesantemente al ribasso i rendimenti di lungo termine. E una volta terminato l’effetto del QE, i movimenti speculativi sui mercati obbligazionari sono stati innescati dalla Forward Guidance.

Oggi i rendimenti obbligazionari non sono più tanto indicativi di un’attesa di crescita o decrescita economica.

Riflettono piuttosto le attese (degli investitori) di aumento o diminuzione dei rendimenti guidate dalle direttive della banca centrale. Tuttavia, quando nel 2018 la Bce ha dato indicazioni di voler almeno provare a ridurre il bilancio e rimodulare gli acquisti di titoli,  gli investitori si sono allontanati dal Btp decennale (causandone il repentino aumento dei rendimenti e quindi l’aumento dello Spread). Quando nel 2019 la Bce ha dato indicazioni espansionistiche e di potenziale ritorno all’acquisto di titoli, i prezzi del Btp sono ritornati nella loro safe zone.

Ora bisogna capire se con la Forward Guidance e gli importanti movimenti del 2019, i tassi hanno scontato tutta l’attesa di diminuzione dei rendimenti. E quindi sono improntati ad un nuovo rialzo oppure se con il QE di novembre, partirà una nuova ondata che spingerà ulteriormente al ribasso i rendimenti. Quello che è certo è che, nonostante le illogicità e distorsioni create dalla bolla obbligazionaria, il contesto di profonda e prolungata incertezza economica globale, non incentiva l’abbandono di asset risk-free  come il Bund o il Treasury. Il ribasso di questi giorni allora, dovrebbe trattarsi solo di una presa di profitto temporanea e di medio termine.